Wednesday, June 13, 2007


Ecco cosa avrei chiesto al presidente statunitense

Rosa Villecco Calipari
In una Roma deserta quasi come in un fotogramma del film di Moretti Caro Diario, assediata da forze dell'ordine e militari e in cui l'innaturale silenzio è rotto dal rumore degli elicotteri che la sorvolano, dove i pochi romani non usciti fuoriporta preferiscono restare chiusi a casa nonostante sia il primo fine settimana soleggiato dopo tanti week end piovosi si respira un'aria di paura, di preoccupazione, di attesa di chissà quale evento drammatico. Ma l'evento è la visita a Roma del presidente degli Stati uniti, semplicemente, cioè il rappresentante del paese che storicamente è stato ed è uno dei maggiori alleati dell'Italia. Ma, allora, perché tanta ansia circonda la sua presenza sul territorio nazionale? Si potrebbe facilmente obiettare che sono le normali misure di sicurezza adottate per la visita di un capo di stato, o ancora che la nostra intelligence e la Cia hanno informazioni circa il rischio alto di attentati. Ma così non sembra, almeno, stando alle dichiarazioni del prefetto di Roma. È possibile pensare che l'alto rischio sia costituito dalle preannunciate manifestazioni di protesta che si sono svolte nel pomeriggio a Roma, contestualmente all'incontro, quello sì garantito dai massimi presidi di tutela, di Bush con Prodi a Palazzo Chigi? Ma perché presidente Bush c'è sempre intorno a lei quest'aura di paura? È la teorizzazione della paura che ha accompagnato tutto il suo mandato presidenziale ad accrescere l'esigenza di risposte «forti e muscolari» e, nel contempo, a svuotare di credibilità gli organismi internazionali e a depotenziare ogni eventuale azione diplomatica, con la ineluttabile conseguenza che gli Usa assumessero il ruolo di «guardiani del mondo». Certamente non dimentico gli attentati dell'11 settembre e l'orrore che hanno suscitato in me come in tutto il mondo, ma se le vittime innocenti delle Twin Towers non possono essere dimenticate egualmente non si può rimanere indifferenti ai 3.500 soldati americani morti finora in Iraq e alle vittime irachene, e non, di quel conflitto. Quale futuro la sua decisione unilaterale di «esportare democrazia» darà ai milioni di iracheni che vivono da quattro anni gli orrori di una «guerra civile» che ormai nessuno teme più di definire tale? Certo, qualcuno sostiene che la sua strategia politica è vincente perché ha portato «violenza liberatoria», laddove regnava «violenza terroristica» e che «nessun presidente americano sarà così folle da riconsegnare al radicalismo islamista armato il governo degli equilibri di forza nel grande Medioriente». E, allora le chiedo quale ricostruzione statale, quale riconciliazione sociale sarà possibile in un paese che, pur avendo risorse energetiche seconde solo all'Arabia saudita, non riesce a garantire neanche i servizi essenziali alla popolazione? E dove oggi è più forte, rispetto all'arrivo delle truppe americane nel 2003, la resistenza irachena basata sul fattore islamico sunnita radicale?Ma tornando alla sua visita a Roma, quale preoccupazione può rappresentare per il capo di stato Usa la presenza di manifestazioni di dimostranti, che nel momento in cui scrivo, sembrano svolgersi pacificamente? Il rappresentante di una grande democrazia come quella americana dovrebbe ritenere naturale e legittima l'espressione di dissenso e di critica da parte di alcuni anche perché molte di queste critiche sono state avanzate dallo stesso Congresso americano e un cambio strategico nella politica estera statunitense, in particolare mediorientale, è stato già posto in essere dalla stessa Nancy Pelosi (quando andando a Damasco fu accusata di iperattivismo diplomatico).E, infine, ma non ultima, mi consenta di porle un'altra domanda relativa al diniego da parte americana alla ratifica della convenzione sull'istituzione del Tribunale penale internazionale (Tpi), sui reiterati rifiuti di collaborazione giudiziaria anche con paesi alleati, come l'Italia. Non credo giovi all'immagine degli Stati uniti il mancato riconoscimento dell'attuazione di accordi di cooperazione bi o multilaterali per l'affermazione della legalità sul piano internazionale.E, inoltre, caro presidente, non vorrei che lei pensasse che le mie riflessioni siano il risultato di un'analisi dettata dall'emozione e dal dolore di una perdita che ha colpito i miei figli e me, nonostante, ancora oggi la ragion di stato, del suo stato, non ci abbia ancora garantito Verità e Giustizia.

4 comments:

Cristiano said...

Chi è l'autore?
Perché non firmate i vostri rispettivi articoli?

mattuoto said...

Chi può essere? A parte lo slang...io non pubblico post più lunghi di 20 righe...

Questo è chiaramente di Dan, cmq c'è scritto sotto l'articolo...ora e autore...

Momo ed io said...

L'autrice è scritta all'inizio:

Rosa Villecco Calipari

Anonymous said...

ASSOCIAZIONI D'IDEE...(succede leggendo lettere e articoli)


http://www.youtube.com/watch?v=OSWVM97prR0